Emergono ulteriori prove che mostrano coinvolgimenti del figlio del presidente Joe Biden con la Cina, dalla quale avrebbe ricevuto lauti finanziamenti.
Come ha riportato lo scorso 30 marzo The Epoch Times, documenti bancari appena pubblicati mostrano che sono stati effettuati dei pagamenti al figlio del presidente Joe Biden da una società collegata al Partito Comunista Cinese.
I senatori repubblicani Chuck Grassley (Iowa) e Ron Johnson (Wisconsin) hanno presentato i documenti all’aula del Senato il 28 e 29 marzo scorso.
Uno ha mostrato un bonifico di 100.000 dollari a Owasco, una delle aziende di Hunter Biden, da CEFC China Energy, una società ora defunta strettamente associata al regime comunista cinese.
Un altro ha mostrato un bonifico di 5 milioni di dollari a Hudson West, una società in cui Hunter Biden ha investito e gestito, da Northern International Capital, un’azienda che ha collaborato con CEFC. Un contratto reso pubblico anche dai senatori ha mostrato che 500.000 dollari sono andati a Hunter Biden come “commissione una tantum”.
Altri due hanno mostrato un pagamento di 1 milione di dollari effettuato a Hudson West da CEFC e un trasferimento di 1 milione di dollari da Hudson West a Owasco, con il denaro che sembra andare a Hunter Biden allo scopo di rappresentare Patrick Ho, un uomo d’affari cinese che ha aiutato il CEFC a trarre vantaggi attraverso la corruzione.
Le ricevute sono solo alcuni dei documenti che “mostrano innegabilmente forti legami tra la famiglia Biden e la Cina comunista”, ha affermato Grassley.
La transazione da 100.000 dollari è stata datata 4 agosto 2017; il trasferimento di 5 milioni di dollari è stato datato 8 agosto 2017; gli altri due pagamenti sono stati effettuati rispettivamente il 30 novembre 2017 e il 22 marzo 2018.
I senatori Grassley e Johnson hanno indagato per anni su Hunter Biden, che è sotto indagine federale, producendo un rapporto nel 2020 che ha rivelato i collegamenti tra il giovane Biden e i cittadini cinesi legati al regime e all’esercito cinese.
Tra questi c’è Ye Jianming, un magnate cinese del petrolio che ha fondato il CEFC. Ye è stato messo sotto inchiesta dalle autorità cinesi nel 2018 e da allora non si è più visto.
I senatori hanno scoperto che Hunter Biden ha guadagnato milioni da Ye e dalla sua compagnia e altri milioni da Dong Gongwen, un finanziere e socio in affari di Ye. Inoltre da quanto risulta Hunter Biden aveva una stretta relazione con Ye, tanto da essere il primo ospite nel nuovo appartamento dell’uomo d’affari cinese, mentre altre e-mail elencavano Joe Biden e Dong come “compagni di ufficio”.
I due senatori repubblicani hanno anche affermato che hanno programmato di pubblicare i documenti finanziari che hanno potuto ottenere in versione integrale.
“Una prova come questi documenti bancari è piuttosto difficile da negare e nascondere sotto il tappeto”, ha detto Johnson ai senatori, affermando che i documenti mostrano corruzione e conflitti di interesse che potrebbero compromettere Biden.
La Cina del Partito Comunista Cinese non sembra dunque essere estranea ai rapporti con la famiglia Biden: ancora una volta le parole pronunciate dall’allora presidente uscente Donald Trump e bollate dalla maggior parte dei media internazionali come farneticazioni, trovano adesso un riscontro più che fondato, secondo quanto emergerebbe dai documenti bancari in possesso dei due senatori repubblicani.
Dopo lo scandalo del coinvolgimento di Hunter Biden e del Pentagono nello sviluppo di armi biologiche in Ucraina, emerge un ulteriore grosso scandalo destinato a travolgere i Biden.
La Cina di Xi Jinping, decantata fino a poco tempo fa come modello del Nuovo Ordine Mondiale da uomini come George Soros, ha compreso in tempo l’inizio dell’inevitabile processo di sgretolamento del deep state americano e dell’incrinamento del potere delle grandi famiglie di banchieri internazionali: questo conduce nuovamente nella direzione della firma del presidente Trump dell’Insurrection Act e del potere trasferito ai militari USA.
Né è davvero pensabile che Xi Jinping, per chi conosce profondamente la situazione in cui versa la popolazione cinese, possa mai essere stato disposto a rinunciare al proprio potere e alla propria sovranità nazionale in favore di un nuovo ordine mondiale sovranazionale.
La Cina ha scelto di accelerare quindi tale processo, consolidando invece una solida alleanza con la Russia: è la disfatta del globalismo e del progetto di controllo digitale totalitario.
D’altra parte, la decisione di Vladimir Putin di obbligare attraverso un decreto all’acquisto solo in rubli del gas proveniente dalla Russia, sta ponendo in crisi l’Unione Europea. Senza il prezioso gas russo infatti l’intera economia europea verrà duramente colpita, in primo luogo il settore industriale. Mentre il dollaro come moneta di scambio internazionale sta continuando a perdere quota, per ammissione dello stesso Fondo Monetario Internazionale.
Tutto questo, insieme all’alleanza tra i Paesi del BRICS – di cui fanno parte anche Russia e Cina – non potrà che mettere in crisi, anche in breve tempo, la grande finanza internazionale, e, di conseguenza, quelle grandi famiglie di banchieri che da due secoli governano e dirigono l’economia mondiale.
La fine del blocco Euro-Atlantico e dell’Unione Europea globalista sembrano farsi adesso sempre più vicini.