La memoria di papa Giovanni Paolo II è da tempo sotto un continuo attacco dei media mainstream. Questo fatto è ormai noto, anche a chi non segue da vicino le vicende della Chiesa Cattolica. Quest’uomo, che nessuno osava attaccare apertamente mentre era in vita, sapendo di attirarsi il disprezzo della gente comune, è diventato subito dopo la morte oggetto di una campagna diffamatoria che ha visto impegnate tutte le forze di cui dispone lo stato profondo.
Ho già parlato in un altro articolo di questi fatti, dove ho riportato come in Polonia le statue di san Giovanni Paolo II siano state vandalizzate vergognosamente e imbrattate di vernice rossa, come a voler far sembrare le mani di Wojtyla insanguinate. E non solo: l’attacco è stato sferrato a tutta la cristianità: attacchi violentissimi contro le chiese, le croci, le statue (che raffigurano personaggi della cristianità) e i memoriali antinazisti e anticomunisti. Sacerdoti e fedeli hanno dovuto difendere fisicamente le chiese dagli assalti e vi sono stati feriti gravi.
Questo copione si è ripetuto nelle stesse identiche modalità in altre parti del mondo, in Canada per esempio.
La regia degli attacchi avvenuti in Polonia? Si è trattato di una mano estranea, che dall’esterno ha diretto le violente proteste che si sono manifestate in Polonia a seguito della dichiarazione di incostituzionalità, da parte della Corte Costituzionale polacca, dell’articolo 4.a della legge del 7 gennaio 1993.
L’articolo 4.a sulla pianificazione familiare, la protezione del feto umano e le condizioni per consentire l’interruzione della gravidanza, stabilisce che si possa abortire in alcuni casi specifici, fra cui il caso ove i test prenatali o altre indicazioni mediche indichino un’alta probabilità di un danno grave e irreversibile del feto o di una malattia incurabile potenzialmente letale.
La dichiarazione della Corte Costituzionale polacca è avvenuta il 22 ottobre 2020, memoria di san Giovanni Paolo II.
L’articolo a firma di chi scrive – di cui ho parlato sopra – era stato pubblicato in un primo momento dalla testata online Rec News. Ma dopo circa un anno dalla sua pubblicazione è stato rimosso senza un perché. Chi scrive allora ha deciso di ripubblicare il suo articolo su questo blog, dato il valore storico che esso riveste.
Ad attaccare Wojtyla non è stato tuttavia soltanto lo stato profondo.
Ad attaccare Wojtyla si è aggiunto persino il Vaticano nel Rapporto McCarrick, deponendo ai piedi di Giovanni Paolo II la colpa di aver coperto abusi di pedofilia: rapporto reso pubblico nel novembre 2020. Proprio mentre in Polonia imperversavano le violenti proteste orchestrate ad arte dall’esterno. Ad essere trascinato nel fango anche l’allora segretario di Giovanni Paolo II, il card. Stanislaw Dziwisz, dopo le accuse di aver coperto anche lui la pedofilia.
Accuse contro Dziwisz emesse – ad orologeria – dall’emittente televisiva polacca Tvn24, di proprietà del colosso americano Discovery. Bisogna ricordare che Ceo e presidente di Discovery è David Zaslav, la cui attività divulgativa è strettamente legata alla politica. Zaslav è di nazionalità americana ma il cognome tradisce un’origine polacca e di etnia aschenazita.
Per rinfrescare la memoria, come ha riportato a suo tempo la testata online Rec News, «Zaslav inizia a ricevere finanziamenti dal 2006, ma la svolta avviene dieci anni dopo, quando riesce a movimentare 235.100 dollari dal suo network sforna reality, programmi per bambini, documentari e intrattenimenti di vario genere. Da qui passa il convincimento delle masse e la promozione dell’ideologia Dem. Gli ultimi versamenti documentati del presidente e Ceo di Discovery coprono due anni, il 2015 e il 2016. Il più cospicuo è quello del 5 ottobre 2016 di 66.800 dollari, che ha come causale ‘Hillary Victory Fund’, fondo per la vittoria di Hillary».
La giustizia sul caso che ha visto coinvolto il card. Dziwisz ha fatto poi il suo corso, scagionando l’ottantacinquenne alto prelato polacco da ogni accusa. Ma il rumore dello scandalo è stato lasciato permanere volutamente nelle orecchie dei fedeli cattolici.
Nella campagna diffamatoria contro san Giovanni Paolo II sono scesi in campo persino il New York Times e testate cattoliche progressiste come National Catholic Reporter.
Ma non finisce qui. Infatti tutti coloro che hanno tentato di difendere la memoria del papa polacco o quella di papa Benedetto XVI, altro bersaglio preferito dal deep state, sono stati oggetto di aggressione fisica, dileggio o infangati nella loro reputazione.
Chi scrive lo sa bene. Premettendo che questo blog è al servizio della verità, e che questo è il suo unico scopo di vita, parlerò quindi di un fatto strettamente personale.
Ma lo farò solo nella misura in cui i gravi fatti recentemente accaduti possano essere al servizio della Verità, che per i credenti – e quindi anche per chi scrive – è incarnata dalla persona stessa di Gesù Cristo. La verità di cui parlo quindi è «la verità tutta intera» (cfr. Giovanni 16,13) e non la verità servita “a pezzi”, come è modalità assai cara alla falsa controinformazione.
E’ uso infatti da parte di essa offrire parte della verità ai lettori, per nascondere tuttavia tutto ciò che i lettori non devono sapere, in modo da poterli spingere nel recinto che lo stato profondo ha loro assegnato. In tal modo si mantiene il dissenso sempre più crescente sotto controllo e sempre entro certi limiti: vecchie tecniche da Unione Sovietica che tuttavia funzionano sempre.
Ma torniamo, dopo questa divagazione, al mio fatto personale.
Una giornata “particolare”
Lo scorso 26 aprile, avendo un po’ di tempo a disposizione e leggendo un post sul canale Telegram del giornalista Cesare Sacchetti e che aveva come tema Giovanni Paolo II, ho deciso di postare un mio commento di risposta su “La Cruna dell’Ago”, canale sempre di Telegram, dove è possibile unirsi e commentare.
Questo il testo del post del dott. Sacchetti:
«Prim’ancora della Pachamama di Bergoglio, c’era il Buddha di Wojtyla sull’altare della chiesa di San Pietro ad Assisi nel 1986. Bergoglio è soltanto una conseguenza dell’apostasia conciliare iniziata più di 60 anni fa.»
E questa è la risposta di chi scrive, la quale compare nello screenshot sotto con il cognome del marito (screenshot ottenuti per gentile concessione di un nostro amico, bannato ma in grado di visualizzare il canale):
Risposta di un amministratore del dott. Sacchetti, dopo una decina di minuti:
A quel punto, ci troviamo intorno alle ore 13:40 del 26 aprile, ho risposto punto per punto alle accuse mosse ai pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Ma, dopo la pubblicazione del mio commento, è scomparso dopo pochi secondi. Per completezza di informazione ai miei lettori, aggiungo che avevo scritto sinteticamente dell’attacco orchestrato dallo stato profondo contro Wojtyla, delle statue vandalizzate in Polonia e altrove e dell’attacco dei giornali progressisti come il New York Times e National Catholic Reporter.
Per cui, avevo scritto infine: “Davvero strano per un uomo che farebbe parte di quella cerchia”.
Alla scomparsa quasi immediata del post, ho pensato che Telegram non avesse accettato il messaggio, in quanto troppo lungo. Ho chiuso tutto e sono andata via.
Non potevo però non rispondere, così sono tornata a scrivere il mio messaggio intorno alle ore 15:00. Ho tagliato la parte riguardante papa Benedetto XVI per brevità, concentrandomi su Wojtyla.
Dopo aver richiamato alla memoria i concetti da esprimere, non senza fatica, ho ripubblicato il commento, per vederlo nuovamente sparire nel giro di pochi secondi.
Ho pensato quindi che il mio messaggio fosse ancora troppo lungo, non volendo credere che potesse essere deliberatamente cancellato.
Avevo richiamato fatti storici, facilmente verificabili, come si poteva allora cancellare un commento del genere, che oltretutto non offendeva nessuno?
Era ormai una sfida. Ho pensato: dividerò il commento in piccole parti e le pubblicherò una per volta. Vedremo se risulterà ancora troppo lungo!
Ho risposto solamente al primo punto e stavolta il mio commento non è sparito. A quel punto, ho speso anche qualche parola in più rispetto a prima:
Contenta, quindi, ho scritto la parte successiva trattando della vandalizzazione delle statue e dell’attacco sferrato dai giornali progressisti contro il papa polacco.
Una piccola perla: la regia di George Soros dietro molti di questi attacchi. È lui infatti che possiede il quotidiano liberal Gazeta Wyborcza. Ed è sempre lui che nell’autunno 2020 con il suo giornale ha finanziato parecchie manifestazioni di protesta.
Ma non sapevo che avevo appena sganciato una bomba. Questi fatti evidentemente non dovevano essere menzionati.
Messaggio disintegrato in pochi secondi: subito dopo la chat è sparita per sempre e mi sono comparse queste poco confortanti parole:
Capirete la mia rabbia. Ma non mi sono ancora arresa, perché ormai era diventato un fatto di principio…
Mio marito non era in casa al momento, ritornando subito dopo. Gli ho riferito il fatto. Allora abbiamo avuto accesso alla chat dal suo cellulare e così ho scoperto che dopo avermi bannata mi avevano pure risposto. Ma non certo a me, che non potevo né leggere né commentare nulla ma piuttosto agli altri lettori, ai quali erano già state negate – a loro insaputa – le mie osservazioni “pericolose”.
A parte il fatto che dovrebbero spiegarmi quale differenza passi sostanzialmente tra il termine “attuali” e il termine “odierni”, avevo scritto nel mio commento la parola “anzitutto” – riferita agli antichi israeliti – che indica una priorità. Ma anzitutto non significa “soltanto”. Anche lo stesso Wojtyla fece in quel famoso discorso anzitutto riferimento alle origini del cristianesimo che affondano le loro radici nell’ebraismo, ricordando come Maria, Madre di Gesù, e tutti gli apostoli fossero ebrei.
E poi giù con offese pesanti: non era bastato prima definirmi falsa “cattolica”, adesso mancava pure l’appellativo di “falsaria”.
Lì si è aggiunto anche il coro esultante di una parte dei commentatori, che battevano le mani, ignari totalmente del fatto che ormai non ero più in linea e non potevo rispondere alle offese. Insultare qualcuno su una chat in sua assenza potrebbe configurare il reato di diffamazione. Non ho parlato con un avvocato, anche se avrei potuto farlo, ma documentandomi sul web sembra proprio che sia così.
Ma non è nei miei sentimenti denunciare nessuno. Anche se il dott. Sacchetti non ha rinunciato a definire come “maldestro” il “tentativo della Chiesa post-conciliare”, la quale ha affermato che non è stato Wojtyla a prendere la decisione di porre il Budda sull’altare della chiesa di Assisi nel 1986. Sacchetti non dice però che lui stesso, con metodi che ricordano molto da vicino quelli dei fautori del pensiero unico, ha fatto in modo da far apparire quel tentativo come “maldestro”, tramite i suoi amministratori, impedendo alla persona di chiarire le proprie posizioni e di portare testimonianze storiche a sostegno di esse.
E poi offendendola quando non poteva più difendersi.
Ma come detto prima, non nutro interesse nel denunciare nessuno. I miei modelli sono altri e sono lontani anni luce da quelli dei miei oppositori, che pure si dichiarano cattolici.
Ma di quale cattolicesimo starebbero parlando? Sarebbero cattolici quelli che impediscono agli altri di intervenire, senza aver molestato o insultato nessuno, e di esprimere civilmente le proprie opinioni?
Questo occorre sottolinearlo: non ero una che commentava lì abitualmente, mai mandato spam o arrecato fastidio a nessuno. Qualche mio raro commento era sempre stato rispettoso degli argomenti trattati e soprattutto delle persone partecipanti.
Il mio modello come detto è un altro. L’arcivescovo di Monreale Cataldo Naro, essendo stato assalito fisicamente da più persone con violenza e poi insultato, non denunciò nessuno pur essendo in suo potere il farlo. Preferì lasciar languire i suoi diritti di cittadino, come riportò in seguito l’amico, il prof. Francesco Mercadante, in un suo saggio.
Tuttavia pagò a caro prezzo la sua perseveranza nel bene: la pagò con la vita, offerta come testimonianza per Cristo.
Certo, Naro, per questi tradizionalisti, è solo l’esponente di una falsa chiesa: quella vera la rappresentano solo loro, è chiaro. La sua “colpa”: non aver sconfessato il Concilio Vaticano II.
Eh sì, perché Naro, come me, si era rifiutato di abiurare una atto legittimo della Chiesa Cattolica.
Ma noi siamo la Chiesa conciliare, siamo i falsi cattolici. Loro sono i puri e gli osservanti. Tanto osservanti da calpestare in pieno la Parola di Dio.
Ma saremo giudicati anzitutto sulla carità. Poi sulla nostra adesione alla verità, che deve essere “tutta intera” e non secondo le convenienze del tempo presente.
Quel che mi sembra, invece, è che questi gruppi di tradizionalisti, e certamente non voglio generalizzare, stiano assumendo connotazioni sempre più simili a quelle delle sette. Sono armati di intransigenza e della convinzione di possedere la verità, senza però permettere che essa venga realmente fuori. Sono loro, soltanto, ad esserne i detentori.
Sembra si stiano delineando sempre più due estremi: da una parte una falsa chiesa che sventola il Vaticano II come banderuola per propugnare iniziative eretiche in contrasto con la Tradizione perenne della Chiesa Cattolica; dall’altro una falsa chiesa che fa, con enorme arroganza, dell’adesione al Vaticano II il solo criterio di giudizio inappellabile sulle persone, che sarebbero eretiche solo perché non hanno rinnegato apertamente il Concilio stesso.
Gli estremi – è risaputo – si toccano. In fondo, e lo dico con grande rammarico, sembra proprio che non vi sia, in ultima analisi, molta differenza.
La Chiesa di Cristo è sempre più dilaniata, martoriata, offesa.
Le profezie sulla Chiesa della beata Anna Katharina Emmerick divengono ogni giorno che passa amara realtà. Sembra che la Chiesa Cattolica sia davvero destinata a ridursi a un “piccolo resto”, come ebbe ad affermare anche il teologo Joseph Ratzinger in un ormai celebre discorso radiofonico, alla fine degli anni Sessanta.
«Un piccolo resto – come disse Ratzinger – apparentemente insignificante», e quindi totalmente privo di superbia e di arroganza, «eppure indomito».
Ma «la rinascita della Chiesa dei fedeli a Dio e alla sua legge eterna sarà opera di quel piccolo resto».
Dove sono presenti arroganza e prevaricazione, infatti, non può esserci vera Chiesa Cattolica, perché manca la presenza fondamentale di Cristo stesso che costituisce la Chiesa.
La nostra spiacevole avventura del giorno 26 aprile sul canale Telegram “La Cruna dell’Ago” non era però ancora finita. Mio marito infatti aveva deciso di postare un suo commento, nel corso del quale chiedeva spiegazioni, gentilmente, agli amministratori. Inoltre aveva anche chiesto se il dott. Sacchetti fosse al corrente del fatto che “qui si oscurano le persone”.
Ebbene, come risposta, dopo circa 45 secondi dalla pubblicazione del commento, era stato bannato pure lui, che prima di allora aveva commentato solo un’unica volta.
L’incontro di preghiera di Assisi del 1986
Torniamo adesso alle accuse mosse dal dott. Sacchetti al papa polacco, che la Chiesa Cattolica ha fatto santo. Infatti dopo qualche giorno dal nostro bannaggio, scrive sul suo canale Telegram:
«Abbiamo assistito a qualche maldestro tentativo degli apologeti della Chiesa post-conciliare che hanno affermato che Wojtyla non avrebbe preso la decisione di porre il Buddha sull’altare della chiesa di Assisi nel 1986. Non solo prese lui quella decisione ma impedì alla statua della Madonna di Fatima di essere portata in chiesa per non “offendere” i buddisti. Jorge Mario Bergoglio è soltanto la conseguenza di un problema iniziato 60 anni prima con il Concilio Vaticano II.»
Probabilmente, uno dei maldestri tentativi è stato proprio il mio. Mi chiedo tuttavia come faccia il dott. Sacchetti ad essere così sicuro dello svolgimento dei fatti di allora e quali siano le fonti certe a cui attinge. Da testimoni dell’epoca, come scritto nel mio primo messaggio sopra, risulta invece come la responsabilità di quegli eccessi fosse diretta responsabilità dei frati francescani custodi del Sacro Convento di Assisi.
Scrive il giornalista e scrittore Americo Mascarucci:
«Sarebbe comunque ingiusto, oltre che ingeneroso, addebitare a San Giovanni Paolo II gli eccessi che si verificarono in occasione dell’incontro di preghiera del 1986 e che furono invece diretta responsabilità dei frati francescani custodi del Sacro Convento d’Assisi imbevuti di fanatismo ecumenico e soprattutto di una superbia, assai poco francescana, derivante dall’autonomia concessa loro da Paolo VI.
Un’autonomia che li portò, non soltanto ad eccedere con certi discutibilissimi riti proprio nella suddetta giornata del 1986, ma negli anni successivi ad estromettere il vescovo di Assisi da ogni decisione inerente le attività del Sacro Convento; ad iniziare dall’organizzazione di eventi pubblici anche di rilevanza internazionale organizzati nell’ambito delle attività ecumeniche frutto dello spirito di Assisi.
Fu anche per questo, per mettere fine all’anomalia di un’autonomia che di fatto portava i frati di Assisi a disconoscere totalmente l’autorità del vescovo diocesano (come ebbe più volte a denunciare monsignor Sergio Goretti), che Benedetto XVI decise di rimettere le cose a posto, revocando l’autonomia e obbligando i francescani del Sacro Convento a sottomettersi al capo della diocesi.
E, secondo quanto riferì Vittorio Messori in un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa nel novembre del 2005 a commento della decisione di Ratzinger, il provvedimento si rese necessario anche per correggere lo spirito di Assisi. Disse Messori: “Ratzinger non ha perdonato alla comunità francescana gli eccessi della prima giornata di preghiera dei leader religiosi con Karol Wojtyla. Una carnevalata, a detta di molti, che forzò la mano al Papa e furono proprio i frati ad andare molto aldilà degli accordi presi. Permisero addirittura agli animisti africani di uccidere due polli sull’altare di Santa Chiara e ai pellerossa americani di danzare in chiesa. Ratzinger aveva fortissime perplessità dall’inizio, non volle andare ad Assisi e le sue riserve limitarono i danni”. E poi ancora: “I frati hanno abusato del cosiddetto spirito di Assisi. In realtà loro venerano e diffondono illegittimamente un santino romantico e di derivazione protestante, ossia il San Francesco del mito, uno scemo del villaggio che parla con lupi e uccellini, dà pacche sulle spalle a tutti. Una vulgata falsa, che ne svilisce il messaggio. Il Francesco della storia, infatti, è il figlio più autentico della Chiesa delle crociate”».
E’ bene ricordare inoltre quale fu il contesto storico in cui nacque l’incontro di preghiera ad Assisi del 1986. La tensione tra i due blocchi, quello occidentale e quello orientale, rappresentato dall’allora Unione Sovietica, era in quei giorni molto alta. Si anelava una distensione fra le parti e il rischio di un conflitto nucleare era molto serio.
In questo clima di tensione il Papa volle la giornata di Assisi, allo scopo di mostrare l’unità del genere umano e il desiderio di invocare insieme la pace. Non vi fu alcun intento sincretistico da parte del pontefice, e questo fu sottolineato già nel corso di quella giornata, quando affermò:
«Nel concludere questa giornata mondiale di preghiera per la pace, a cui voi siete intervenuti da molte parti del mondo, accettando gentilmente il mio invito, vorrei esprimere i miei sentimenti, come un fratello e un amico, ma anche come un credente in Gesù Cristo, e, nella Chiesa cattolica, il primo testimone della fede in lui.
In relazione all’ultima preghiera, quella cristiana, nella serie che abbiamo ascoltato, professo di nuovo la mia convinzione, condivisa da tutti i cristiani, che in Gesù Cristo, quale Salvatore di tutti, è da ricercare la vera pace, “pace a coloro che sono lontani e pace a quelli che sono vicini” (Ef 2, 17). La sua nascita fu salutata dal canto degli angeli: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace agli uomini che egli ama” (Lc 2, 14). Predicò l’amore tra tutti, anche tra i nemici, proclamò beati quelli che operano per la pace (cf. Mt 5, 9) e mediante la morte e la risurrezione ha portato riconciliazione tra cielo e terra (cf. Col 1, 20). Per usare un’espressione di san Paolo apostolo: “Egli è la nostra pace” (Ef 2, 14).
[…] […]
Mossi dall’esempio di san Francesco e di santa Chiara, veri discepoli di Cristo, e convinti dall’esperienza di questo giorno che abbiamo vissuto insieme, noi ci impegniamo a riesaminare le nostre coscienze, ad ascoltare più fedelmente la loro voce, a purificare i nostri spiriti dal pregiudizio, dall’odio, dall’inimicizia, dalla gelosia e dall’invidia. Cercheremo di essere operatori di pace nel pensiero e nell’azione, con la mente e col cuore rivolti all’unità della famiglia umana. E invitiamo tutti i nostri fratelli e sorelle che ci ascoltano perché facciano lo stesso.
Lo facciamo con la consapevolezza dei nostri limiti umani e consci del fatto che, lasciati a noi stessi, falliremmo. Riaffermiamo quindi e riconosciamo che la nostra vita e la nostra pace futura dipendono sempre da un dono che Dio ci fa.
In questo spirito, invitiamo i leaders mondiali a prender atto della nostra umile implorazione a Dio per la pace. Ma chiediamo pure ad essi di riconoscere le loro responsabilità e di dedicarsi con rinnovato impegno al compito della pace, a porre in atto le strategie della pace con coraggio e lungimiranza.»
E nel discorso alla Curia Romana per gli auguri di Natale (22 dicembre 1986), papa Giovanni Paolo II rigettò con forza ogni tentativo atto a seminare «confusione» o a considerare l’iniziativa di Assisi come «sincretismo» religioso.
Afferma il pontefice, riferendosi all’incontro di preghiera di Assisi:
«In quella giornata, e nella preghiera che ne era il motivo e l’unico contenuto, sembrava per un attivo esprimersi anche visibilmente l’unità nascosta ma radicale che il Verbo divino, “nel quale tutto fu creato e nel quale tutto sussiste” (Col 1, 16; Gv 1, 3), ha stabilito tra gli uomini e le donne di questo mondo, coloro che adesso condividono insieme le ansie e le gioie di questo scorcio del secolo XX, ma anche coloro che ci hanno preceduto nella storia e coloro che prenderanno il nostro posto “finché venga il Signore” (cf. 1 Cor 11, 26). Il fatto di essere convenuti ad Assisi per pregare, digiunare e camminare in silenzio – e ciò per la pace sempre fragile e sempre minacciata, forse oggi più che mai – è stato come un limpido segno dell’unità profonda di coloro che cercano nella religione valori spirituali e trascendenti in risposta ai grandi interrogativi del cuore umano, nonostante le divisioni concrete (cf. Nostra Aetate, 1)».
E ancora:
«Il Concilio ha messo più d’una volta in rapporto l’identità stessa e la missione della Chiesa con l’unità del genere umano, in specie quando ha voluto definire la Chiesa “come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium, 1,1; cf. Gaudium et Spes, 42).
Questa unità radicale che appartiene all’identità stessa dell’essere umano, si fonda sul mistero della creazione divina. Il Dio uno in cui crediamo, Padre, Figlio e Spirito Santo, Trinità santissima, ha creato con un’attenzione particolare l’uomo e la donna, secondo il racconto della Genesi; questa affermazione contiene e comunica una profonda verità: l’unità dell’origine divina di tutta la famiglia umana, di ogni uomo e donna, che si riflette nell’unità della immagine divina che ciascuno porta in sé (cf. Gen 1, 26), e orienta di per se stessa a un fine comune (cf. Nostra Aetate, 1)».
Alla luce di queste parole, piene di fede in Gesù Cristo e ricolme di speranza nello Spirito Santo, appare allora pretestuosa ogni accusa di relativismo o sincretismo religioso contro il papa polacco.
Come appare del tutto infondata l’accusa di apostasia mossa da questi zelanti gruppi tradizionalisti, i quali vorrebbero porre papa san Giovanni Paolo II sullo stesso piano della chiesa bergogliana.
La devozione di Donald Trump e della moglie Melania per san Giovanni Paolo II
Sono molti in Italia e all’estero coloro che si dichiarano fedeli sostenitori di Donald Trump. Fra questi anche il giornalista Cesare Sacchetti.
Pochi ricordano però come la moglie Melania sia anche devotamente cattolica. E pochi ricordano come il 3 giugno 2020 Trump e la moglie si recarono in visita al santuario dedicato al papa polacco a Washington per rendere omaggio alla memoria di san Giovanni Paolo II. Lo fecero in un momento di grande prova, dopo aver trascorso la notte nel bunker di sicurezza, mentre Washington veniva messa a ferro e fuoco da una violentissima guerriglia urbana di dimensioni nazionali e orchestrata dallo stato profondo.
Manifestarono entrambi rispetto e fiduciosa devozione verso il papa polacco.
Chissà se anche Donald e Melania oggi sarebbero bannati…
L’attacco dei media liberali contro san Giovanni Paolo II
Ma non finisce ancora qui.
Ho già parlato degli avvenimenti che hanno infiammato la Polonia e degli attacchi mondiali alla memoria di san Giovanni Paolo II. Tuttavia questi fatti assumono una dimensione ben più importante di quel che si potrebbe pensare a un primo sguardo superficiale.
Se si scorrono i giornali polacchi degli ultimi anni, si può avere un quadro molto più dettagliato. Il giornalista Sacchetti, come tutti i giornalisti, possiede certamente mezzi più approfonditi ed efficaci dei miei, nell’informarsi.
Scorrendo i media polacchi si comprende bene come l’attacco concertato contro la Polonia, in quanto Nazione rappresentativa dell’ultimo baluardo di cattolicesimo in Europa, sia stato sferrato con premeditazione allo scopo di distruggere la Chiesa.
E per ottenere questo, occorre far crollare la memoria e la devozione che i polacchi nutrono per Karol Wojtyla.
Così ha riportato Remix News nel marzo 2023:
«Aspettavano da tempo questo momento. Sebbene avessero già arrecato molti danni in passato, si erano fermati nell’attaccare ciò che era più sacro. Avevano paura e il coraggio non è mai stato il loro punto forte. Qualsiasi campagna diretta contro un papa che era polacco, che aveva guidato la rivolta contro il comunismo e che era stato un così grande comunicatore, si sarebbe rivelata per loro un suicidio. Ma ormai il loro momento è arrivato.
Si è scatenata una campagna d’odio contro san Giovanni Paolo II. Come di solito accade in tali circostanze, tutto avviene sotto false flag. Nessuno attacca direttamente la fede o la Chiesa. La narrazione è che si tratta di proteggere i deboli e cercare la verità. Non importa che milioni di giovani siano stati demoralizzati dai media, dagli educatori sessuali e dai club LGBT.
I loro metodi sono sempre gli stessi. Un’accusa ben formulata è difficile da combattere, poiché devi dimostrare la tua innocenza e loro non devono dimostrare la tua colpevolezza».
E così ha scritto – nel marzo del 2023 – «l’arcivescovo polacco Stanisław Gądecki, presidente della Conferenza episcopale polacca, che ha lanciato un appello per la tutela del “bene comune” e dell’eredità di papa Giovanni Paolo II in seguito alle accuse di abusi contro il papa.
Recentemente, i media di sinistra liberale hanno lanciato un altro attacco a san Giovanni Paolo II, accusando il papa di aver presumibilmente insabbiato casi di abusi sessuali su minori nella Chiesa, sia come Santo Padre che come vescovo metropolita di Cracovia. Inoltre, è accusato di essere indulgente nei confronti dei “pedofili in tonaca”. Le accuse sono state formulate in un servizio trasmesso dal canale di notizie liberale Tvn24.
Il parlamento polacco ha adottato una risoluzione per condannare una “vergognosa campagna mediatica diffamatoria contro san Giovanni Paolo II” e ha definito il defunto papa “il più grande polacco della storia”. […]
“Il Papa polacco è stato e resta un punto di riferimento morale, un maestro della fede e anche un avvocato in cielo per milioni di polacchi”, ha osservato. “In questa luce, i tentativi di screditare la sua persona e la sua opera, intrapresi con il pretesto della preoccupazione per la verità e il bene, sono scioccanti”.
L’arcivescovo ha scritto che “gli autori di queste voci discreditanti hanno adottato un approccio parziale e spesso antistorico alla valutazione di Karol Wojtyła, senza conoscenza né contesto”, accettando acriticamente i documenti creati dai servizi di sicurezza comunisti come fonti affidabili. Egli ha aggiunto che gli autori del servizio televisivo non hanno tenuto conto dei rapporti e degli studi esistenti che presentano il papa polacco in una luce giusta.
Mons. Gądecki ha sottolineato che, a partire dalla decisione di Giovanni Paolo II, la Chiesa si è impegnata con determinazione a creare strutture e a sviluppare procedure chiare per garantire la sicurezza dei bambini e dei giovani, punire adeguatamente i colpevoli di crimini sessuali e, soprattutto, sostenere coloro che sono stati danneggiati.
Ha aggiunto che difendere la santità e la grandezza di Giovanni Paolo II non significa affermare che non potesse commettere errori.
“Essere pastore della Chiesa in tempi di divisione dell’Europa tra Occidente e blocco sovietico significava affrontare sfide difficili. Bisogna anche essere consapevoli che a quel tempo, non solo in Polonia, vigevano leggi diverse da quelle di oggi, e la consapevolezza sociale e le modalità consuete di risolvere i problemi erano diverse”, ha affermato».
Ma chi sono i media liberali di sinistra?
Tvn24 di proprietà del colosso americano Discovery, di cui abbiamo già parlato. C’è il quotidiano liberal Gazeta Wyborcza di George Soros ma ci sono anche media polacchi di proprietà tedesca.
Il loro scopo? secondo quanto riporta Remix News è mettere in ginocchio i polacchi.
«I segugi vengono scatenati per spaventarci. Sperano che rinunceremo al nostro Papa e permetteremo loro di prendere la Polonia per la quale abbiamo dato tanto sangue e di trasformarla in un’altra terra del Reich. E che abbracceremo la loro follia ideologica.
Si sbagliano. Abbiamo compreso i loro piani. Non abbiamo paura. Possiamo difenderci dai segugi delle SS. Vediamo queste copertine scandalose delle riviste di proprietà tedesca (Newsweek di questa settimana mostra Jarosław Kaczyński con cani arrabbiati al guinzaglio ed etichettati con nomi di media conservatori polacchi) per quello che sono. Segno che Berlino è arrabbiata e ringhia. Ma li ignoreremo e lasceremo che vinca la verità».
Alla luce di quanto riportato sopra, non è difficile capire lo scopo degli attacchi sferrati contro san Giovanni Paolo II. Bisogna sottolineare infatti che gli attacchi, che hanno colpito più profondamente la Polonia, sono stati scatenati quasi contemporaneamente in tutto il mondo.
Dal Vaticano è arrivato – il 10 novembre 2020 – il rapporto McCarrick. Gli hanno fatto eco oltreoceano il New York Times e il National Catholic Reporter.
A difendere Wojtyla è rimasto l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che ha parlato telefonicamente in un’intervista con il conduttore televisivo Raymond Arroyo. Per attaccare Wojtyla, non si è esitato infatti a «trascinare l’intera Chiesa nel fango», ha sottolineato l’arcivescovo.
E dunque l’attacco sferrato contro Wojtyla viene rivolto in ultima analisi contro la Chiesa Cattolica stessa.
Vogliono strapparci dal cuore Giovanni Paolo II
Lo ha detto «l’arcivescovo Marek Jędraszewski che ha tenuto nel 2020 un’omelia nel castello di Wawel a Cracovia, in Polonia, in occasione dell’anniversario dell’introduzione della legge marziale in Polonia, il 13 dicembre 1981, parlando in riferimento a una serie di attacchi diretti contro san Giovanni Paolo II.
“Con tutte le mie forze ricordo la sua persona [di Giovanni Paolo] nel contesto di quanto accaduto 39 anni fa. Lo faccio per comprendere la mostruosità di ciò che sta accadendo oggi in Polonia, quando alcuni attivisti attaccano questo santo radioso. Vogliono strapparlo dal nostro cuore, profanare la nostra memoria di lui”, ha detto in un’omelia.
Jędraszewski ha osservato che il 13 dicembre 1981 Giovanni Paolo II chiese ai fedeli presenti nella Città del Vaticano durante l’Angelus di pregare per la Polonia e la nazione polacca».
Conclusioni
Attaccare la memoria di san Giovanni Paolo II, non è soltanto un fatto che riguarda la Polonia. L’attacco silente e sotto mentite spoglie, come abbiamo visto, è in realtà di portata mondiale.
E attaccare il santo pontefice ha come scopo ultimo la distruzione della Chiesa Cattolica. Significa infatti strappare il Papa dal cuore dei fedeli per mettervi al suo posto un vuoto di identità e di memoria, le quali non devono e non possono essere cancellate. Significa anche rendere le masse più deboli e facilmente manipolabili: è ciò a cui anela da sempre lo stato profondo.
Karol Wojtyla è stato il santo che ha auspicato un’Europa unita, ma nelle sue radici cristiane. Giovanni Paolo II, infatti, che aveva vissuto sulla propria persona l’invasione della Polonia da parte dei nazisti di Hitler e aveva visto con i propri occhi lo sterminio di tanti suoi connazionali cattolici, desiderava un’Europa unita ma che non annientasse le nazioni.
Un’Europa dove ogni nazione avesse mantenuto i propri confini, la propria storia e la propria identità.
Il cardinale Stanislaw Dziwisz, parlando il 16 ottobre 2023, anniversario dell’elezione a pontefice di Karol Wojtyla, ha affermato che in molti chiedono ancora notizie su Giovanni Paolo II.
Secondo il segretario particolare di papa Giovanni Paolo II, l’appello che il pontefice fece allora: «Non abbiate paura di spalancare le porte a Cristo!», risuonerebbe ancora oggi con rinnovato vigore.
Visitando la Basilica di San Pietro in Vaticano o il Santuario Papale a Cracovia o altri luoghi che recano l’impronta di Giovanni Paolo II, ha detto Dziwisz, si possono vedere anche adesso le persone immerse nella preghiera: «La gente lo ascolta ancora; cercano la sua amicizia spirituale».
La memoria e la devozione verso papa Giovanni Paolo II appartengono infatti non solo alla Polonia ma anche all’Italia, che è stato insieme alla Polonia il Paese più vicino al pontefice. E che insieme alla Polonia rappresenta ancora l’ultimo baluardo di cattolicità in Europa.
San Giovanni Paolo II appartiene alla memoria che serbiamo dei santi della Chiesa Cattolica. Di lui, come afferma il cardinale Dziwisz, «risplende la saggezza senza tempo della sua eredità».
Karol Wojtyla «ha difeso e ha parlato per coloro che erano stati messi a tacere», come è stato ricordato nell’ultimo anniversario della sua elezione a pontefice. Il cardinale Dziwisz ha anche ricordato come san Giovanni Paolo II abbia vissuto le conseguenze delle guerre e del totalitarismo e di come abbia cercato di combatterlo sostenendo i più deboli e cercando di portare speranza nei tempi più turbolenti.
Non lasciamo che ce lo strappino dal cuore.
Un vecchio sogno, risalente ormai a parecchi anni fa e poco dopo la morte di Wojtyla, mi vedeva protagonista di un incubo dove tentavo di sfuggire ai miei inseguitori in una fuga forsennata durante la lunga notte. Avevo con me dei documenti preziosi, che non dovevano cadere assolutamente nelle mani avide dei miei nemici.
Improvvisamente fece giorno pieno e di fronte a me c’era proprio lui, san Giovanni Paolo II, giovane come al tempo della sua elezione. Mi disse con un grande sorriso: «Non preoccuparti. Ormai nessuno te li potrà togliere.»
Si riferiva ai documenti che stringevo ancora fra le mani. Io lo guardavo attonita, non capendo cosa volesse dire.
«Sono qui, nella mia carne. Vedi? Nessuno te li potrà togliere!», mi disse ancora mostrandomi il braccio scoperto.
Credevo, per le circostanze della vita, che ormai il valore profetico di quel sogno fosse giunto a termine.
Invece, mi accorgo che è appena cominciato.