Il Vaticano riapre il caso Emanuela Orlandi
Il 9 gennaio 2023 il Vaticano ha annunciato la riapertura del caso Emanuela Orlandi, la giovane di 15 anni che il 22 giugno 1983 scomparve nel nulla. Non si ebbero più notizie della ragazza, che uscì da una lezione di musica in piazza Sant’Apollinare a Roma, fu vista alla fermata dell’autobus per far ritorno a casa in territorio vaticano, ma di lei non si ebbero più notizie.
L’iniziativa è stata avviata dal promotore di giustizia Alessandro Diddi, poche ore dopo la morte di Papa Benedetto XVI e successivamente agli attacchi rivolti a Bergoglio da parte di Padre Georg Gänswein.
Certo non può passare inosservato il polverone mediatico che si è sollevato in questi ultimi giorni. I palinsesti televisivi Rai sono stati riempiti dal caso: sia “Porta a porta” che “Chi l’ha visto” si sono concentrate sul giallo.
FqMagazine ha divulgato alcune conversazioni Whatsapp di persone vicine a Francesco sulla ragazza, avvenute tra il 2013 e il 2014. FQMagazine, ancora, ha raggiunto Pietro Orlandi, il fratello maggiore della ragazza scomparsa. Open, nelle cui retrovie aleggiano le finanze del noto e onnipresente George Soros, sta dando ampio risalto alla vicenda: adesso parla anche il giudice che indagò su Emanuela Orlandi, attraverso il quotidiano La Stampa degli Elkann Agnelli.
Quello che emerge come comune denominatore in tutto questo polverone mediatico, sollevato dai primi di gennaio 2023, è la volontà da parte dei media mainstream di gettare un’ombra profonda e duratura sui pontificati e sulle persone di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
A permetter ciò, ancora una volta la perfetta tempistica con cui il Vaticano ha riaperto il caso, a pochissimi giorni dalla morte di Benedetto XVI.
Ma è un copione già visto, come il tentativo di addossare su Giovanni Paolo II la scandalo della pedofilia con il Rapporto McCarrick del Vaticano e l’attacco contro di lui sferrato dal New York Times e da altri giornaloni, orchestrato qualche anno fa.
D’altronde, già a dicembre dello scorso anno era stato sferrato un ennesimo attacco tramite una lettera scritta da Mehmet Ali Ağca, autore dell’attentato che stava per costare la vita a Papa Giovanni Paolo II il 13 maggio 1981. La lettera, indirizzata a Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, è stata pubblicata dal Corriere della Sera, che non ha mancato di darvi ampio risalto.
L’attentatore di Giovanni Paolo II, oggi accusa il Papa polacco di essere coinvolto nel rapimento di Emanuela Orlandi. Quello stesso Giovanni Paolo II che, dopo una lunga e sofferta convalescenza in seguito ai colpi partiti dalla pistola di Ağca che lo raggiunsero e ferirono gravemente, lo aveva perdonato e persino visitato in carcere.
Non esiste alcuna prova della veridicità di tali affermazioni, che provengono da un uomo che ha già tentato, nella sua vita, l’omicidio. Ma i media, compattamente, hanno diffuso la notizia come si fa con un grande scoop giornalistico.
Poi arriva la volta del “socio” della banda della Magliana che accusa il Vaticano per il rapimento di Emanuela Orlandi. Si tratta di un certo Marcello Neroni, sodale di Enrico De Pedis, boss dell’organizzazione mafiosa romana. Anche qui piovono accuse infamanti su Giovanni Paolo II da parte di persone con un passato non certo integerrimo.
E ancora una volta, coralmente uniti, i media mainstream non mancano di gridare alla notizia. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI passeranno alla storia per i Papi più odiati dal sistema, che è pronto a dar voce a persone che hanno avuto affari con organizzazioni criminali – anche di stampo mafioso – pur di screditarne il nome.
Naturalmente, è necessaria la definitiva scomparsa dei diretti interessati, perché, è risaputo, i morti non parlano e non hanno l’abitudine di difendersi.
E come mai il Vaticano ha dovuto aspettare proprio la morte di Benedetto XVI per aprire questo spinoso caso? Bergoglio avrebbe potuto farlo sin da subito, agli inizi del suo pontificato, se vi erano reali intenzioni di far luce sul drammatico accaduto. Così la perfetta tempistica della divulgazione di messaggi Whatsapp, il fiume di interviste a Pietro Orlandi, in onda sui giornali o a “Porta a porta”, sembra aspettassero la scomparsa di Benedetto XVI.
Molti giornali sono fiduciosi sul fatto che adesso, senza Benedetto, Bergoglio “è oggettivamente più solo e più libero”, scrive AGI.it fra i tanti. Grandi testate meravigliosamente allineate nell’esultanza che, adesso, con Bergoglio, finalmente si riavrà giustizia, mentre su Benedetto aleggia il sospetto che fosse di ostacolo alla verità.
Davvero tanto è l’ottimismo mostrato dalle grandi testate: qualcuno ricorda anche come Bergoglio non ci fosse quel 22 giugno 1983, quando Emanuela scomparve. Nessun coinvolgimento da parte sua, certamente. Ma dimentica di chiedersi dove fosse il Cardinal Bergoglio in quello stesso momento.
I desaparecidos d’Argentina
I media dimenticano come su Jorge Mario Bergoglio ha aleggiato un passato oscuro, come su gran parte della gerarchia ecclesiastica che ricopriva il suo ruolo durante la dittatura militare, tra il 1976 e il 1983, in Argentina.
Tante, veramente tante, furono le sparizioni in quegli anni di giovani, svaniti nel nulla senza lasciare traccia, proprio come Emanuela.
Persone scomparse di notte, nelle università. Persone che avevano la sola colpa di svolgere un’attività politica o di aver mostrato una qualche simpatia.
Sono oltre 30.000 i desaparecidos, di cui, nella maggior parte dei casi, non si è mai conosciuta la sorte.
Le ombre maggiori sul passato di Bergoglio sono state sollevate dal giornalista Horacio Verbitsky nei libri “L’isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina” e “Doppio gioco. L’Argentina cattolica e militare” (editi in Italia da Fandango).
Estela de la Cuadra, figlia della co-fondatrice dell’organizzazione Madres de Plaza de Mayo, dichiarò: “C’è ipocrisia quando si parla della condotta della Chiesa e di Bergoglio in particolare. Ora ci sono processi di tutti i tipi e Bergoglio sistematicamente si è rifiutato di sostenerli”.
Come ricordò l’agenzia di stampa La Presse nel 2013 «Per due volte in passato il Cardinale ha invocato il suo diritto, previsto dalla legge argentina, di rifiutarsi di apparire in tribunale durante processi per casi di tortura e omicidio nella Esma, e per il sequestro di bambini nati dalle detenute e affidati a famiglie di militari o di persone vicine al regime. Quando nel 2010 decise di testimoniare, spiega l’avvocato per i diritti umani Myriam Bregman, le sue risposte sono state evasive. Le dichiarazioni di Bergoglio tuttavia mettevano in luce come i funzionari ecclesiastici del Paese sudamericano erano a conoscenza fin dall’inizio che la giunta militare torturava e uccideva i suoi cittadini, anche se ampie parti della Chiesa hanno sempre pubblicamente dato il proprio sostegno al regime. “La dittatura – commenta la Bregman – non avrebbe potuto operare in questo modo senza il supporto chiave delle autorità ecclesiastiche”».
Gli ultimi due Papi
Un ultimo rilievo: la falsa controinformazione non spende e non spenderà mai una parola per difendere gli ultimi due Pontefici che hanno fatto da argine all’avanzare del globalismo e del relativismo, ed in ultima analisi alle nuove forme di totalitarismo ed oppressione dei popoli dilaganti in tutto il mondo. Pontefici che hanno combattuto fermamente il comunismo e l’oppressione politica. Papa Giovanni Paolo II viene riconosciuto come uno degli artefici della caduta dei sistemi del socialismo reale, contribuendo in modo significativo al crollo della Cortina di ferro nel 1989, come affermò una volta il leader sovietico Michail Gorbaciov.
In America Latina condannò duramente il coinvolgimento di alcuni esponenti del clero in governi appartenenti all’area marxista, combattendo la pericolosissima Teologia della liberazione, mentre a sostenerne tutta la vigorosa attività vi era l’allora Cardinale Joseph Ratzinger, poi divenuto Benedetto XVI.
Pontefici di Santa Romana Chiesa che si sono opposti con risolutezza ad aborto, manipolazione genetica e teoria gender, insegnata persino ai bambini. Che hanno rivendicato in maniera inequivocabile i principi non negoziabili, di cui oggi non si parla più.
Così scriveva Benedetto XVI nella primavera del 2019, a proposito della crisi da abusi sessuali scoppiata in maniera dirompente nella Chiesa Cattolica (riporto il testo nella traduzione di Sabino Paciolla, pubblicato su Catholic News Agency):
«[…] Ci sono beni che non sono mai soggetti a compromessi.
Ci sono valori che non devono mai essere sacrificati per un valore maggiore e addirittura andare oltre la conservazione della vita fisica. C’è il martirio. Dio è (molto) più di una semplice sopravvivenza fisica. Una vita che fosse acquistata sulla base della negazione di Dio, una vita che si basa su una menzogna finale, è una non vita […]».
E ancora:
«[…] E’ il caso della pedofilia. È stata teorizzata solo poco tempo fa come del tutto legittima, ma si è diffusa sempre di più. E ora ci rendiamo conto con sorpresa che stanno accadendo cose ai nostri figli e ai giovani che minacciano di distruggerli. Il fatto che questo possa diffondersi anche nella Chiesa e tra i sacerdoti dovrebbe disturbarci in modo particolare.
Perché la pedofilia ha raggiunto tali proporzioni? In definitiva, la ragione è l’assenza di Dio […]».
E, andando a conclusione di una lettera che merita di esser riletta integralmente:
«L’attualità di ciò che l’Apocalisse ci dice qui è ovvia. Oggi, l’accusa contro Dio è, soprattutto, quella di caratterizzare la Sua Chiesa come completamente cattiva, e quindi di dissuaderci da essa. L’idea di una Chiesa migliore, creata da noi stessi, è infatti una proposta del diavolo, con la quale egli vuole allontanarci dal Dio vivente, attraverso una logica ingannevole per cui siamo ingannati troppo facilmente. No, anche oggi la Chiesa non è fatta solo di pesci ed erbacce cattive. La Chiesa di Dio esiste anche oggi, ed è oggi lo strumento stesso attraverso il quale Dio ci salva».
L’ultimo Papa coglie ancora una volta nel segno: è esattamente questo l’intento ben celato di chi, oggi, all’indomani della morte di Papa Benedetto XVI, vergognosamente sta mettendo in atto tutta una manovra mediatica, concertata all’unisono, con lo scopo ultimo di scuotere chi non è saldo nelle fede. L’obiettivo perseguito consiste infatti nello allontanare i credenti dalla Chiesa Cattolica per distruggerla, convincendo chi ne fa parte che essa sia ormai totalmente ed irrimediabilmente corrotta al suo interno.
Per poterla sostituire quindi con una falsa chiesa, come scriveva Benedetto – creata da noi stessi – che in realtà è solo un’ingannevole proposta del demonio.
E’ la falsa chiesa massonica, che compie l’ennesimo tentativo di deporre ai piedi dei Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI accuse pesantissime, certamente mai provate, per distruggerne la memoria e distogliere i credenti da qualunque devozione alle loro figure.
Ma questa falsa ed infernale chiesa massonica – che tanti danni e ferite ha già apportato alla Chiesa – dovrebbe, piuttosto, rimboccarsi le maniche ed iniziare a scavare al proprio interno, in quell’ampia corte di omosessuali che aleggiano in Vaticano, come denunciò Mons. Carlo Maria Viganò in occasione di un’intervista telefonica con il conduttore e giornalista televisivo Raymond Arroyo nella sua trasmissione The World Over, intervista poi pubblicata in forma scritta il 12 novembre 2020 dalla testata cattolica americana The Remnant.
Queste sono alcune fra le accuse pesantissime mosse dall’Arcivescovo Viganò, a pochi giorni dalla pubblicazione da parte del Vaticano del Rapporto sull’ex Cardinale Arcivescovo di Washington, Theodore Edgar McCarrick, colpevole di aver commesso atti di pedofilia:
«In questa grottesca farsa, ormai ammantata di una falsa parvenza di legalismo, non si esita a trascinare nel fango l’intera Chiesa – il suo prestigio di fronte al mondo, la sua autorità sui fedeli – per salvare l’immagine ormai compromessa di prelati corrotti, indegni, depravati. Mi limito ad osservare che ancora adesso, in Vaticano, Bergoglio si circonda ancora di noti omosessuali e di persone dalla reputazione gravemente compromessa. Questo è il disconoscimento più palese della presunta opera moralizzatrice di Bergoglio».
E a concludere infine sono le parole stesse di Papa Benedetto XVI:
«È molto importante opporsi alle menzogne e alle mezze verità del diavolo con tutta la verità: sì, c’è il peccato nella Chiesa e il male. Ma anche oggi c’è la Santa Chiesa, che è indistruttibile. Oggi ci sono molte persone che umilmente credono, soffrono e amano, in cui il vero Dio, il Dio che ama Dio, il Dio che si mostra a noi. Oggi Dio ha anche i suoi testimoni (martiri) nel mondo. Dobbiamo solo essere vigili per vederli e ascoltarli.
La parola martire è tratta dal diritto processuale. Nel processo contro il diavolo, Gesù Cristo è la prima e vera testimonianza di Dio, il primo martire, che da allora è stato seguito da innumerevoli altri.
La firma autografa che Benedetto XVI ha continuato ad apporre ai suoi libri, dove è ben leggibile la sigla PP che indica in modo inequivocabile il Pontefice regnante
La Chiesa di oggi è più che mai una “Chiesa dei Martiri” e quindi una testimonianza del Dio vivente. Se ci guardiamo intorno e ascoltiamo con cuore attento, possiamo trovare testimoni ovunque oggi, soprattutto tra la gente comune, ma anche nelle alte sfere della Chiesa, che difendono Dio con la loro vita e la loro sofferenza. È un’inerzia del cuore che ci porta a non volerli riconoscere. Uno dei grandi ed essenziali compiti della nostra evangelizzazione è, per quanto possibile, quello di stabilire un’habitat di fede e, soprattutto, di trovarli e riconoscerli».