Il primo ministro Justin Trudeau ha annunciato il 23 febbraio scorso che il suo governo revocherà l’Emergencies Act (EA) nonostante sia stato approvato lunedì dalla Camera dei Comuni. Trudeau aveva affermato all’inizio della settimana che l’EA era ancora necessario perché il suo governo era preoccupato per ulteriori attività volte alla rivendicazione dei diritti fondamentali da parte dei camionisti e patrioti canadesi. E’ quanto ha riportato il sito cattolico conservatore Life Site News il 23 febbraio.
Il drastico cambio di rotta è arrivato quando il Senato canadese ha trascorso gli ultimi due giorni a discutere se approvare l’EA pur non essendo presente un’emergenza nazionale.
Il senatore conservatore Leo Housakos ha guidato la carica al Senato e ha pronunciato un appassionato discorso contro l’uso dell’EA in queste circostanze.
Housakos ha dichiarato che “Questo paese è profondamente diviso come non l’ho mai visto. Sono momenti come questo in cui il ramo esecutivo del governo e ogni primo ministro ha l’obbligo di porre gli interessi delle nazioni al di sopra degli interessi di se stesso, del suo partito e della politica di parte”.
I politici canadesi hanno ritenuto che Trudeau, fiutando il crescente umore contro di lui al Senato, abbia revocato l’atto prima che potesse essere sfiduciato.
Dunque è arrivata infine la revoca dell’Emergencies Act e tutti coloro che in Italia avevano mostrato come i camionisti si trovassero ormai all’angolo, spargendo il terrore sbandierando il blocco dei conti correnti e la totale disfatta dei patrioti e della gente comune, oltre che dei camionisti, dovrebbero ora meditare con attenzione queste parole.
Purtroppo il mainstream, oltre ad una larga fetta della cosiddetta controinformazione, approfitta ormai da tempo di ogni occasione utile per scoraggiare chi ancora continua a resistere, con l’obiettivo ultimo di farlo crollare.
Ma l’EA, che aveva consentito il blocco dei conti correnti, è stato invece revocato.
In Italia il presidente del Consiglio Mario Draghi ha annunciato recentemente come l’intenzione del governo fosse di procedere verso “rimozioni graduali”. Ha anche comunicato la fine dello stato di emergenza e la fine del certificato verde rafforzato per il 31 marzo. Naturalmente i media mainstream ed anche la controinformazione si sono subito affrettati a precisare che il certificato verde di base rimarrà anche dopo la fine dell’emergenza.
Ma quali sono i presupposti? La fine dello stato di emergenza, già di per sé incostituzionale visto che esso è previsto nel nostro ordinamento solo in caso di guerra, non può consentire in alcun modo ulteriori restrizioni alla libertà della persona, illegittime ed incostituzionali.
Abbiamo già visto numerose sentenze favorevoli della magistratura che ha evidentemente percepito il cambio di rotta. In queste condizioni Mario Draghi rimarrebbe l’unico a cercare di imporre delle restrizioni che si saprebbe benissimo essere ormai crollate in tutta Europa, alla data annunciata del 31 marzo. Draghi non potrebbe quindi continuare a portare avanti nemmeno il certificato verde di base perché non avrebbe più né le condizioni, né il sostegno estero e di quelle élite finanziarie mondialiste che finora hanno proceduto nella direzione della pseudo pandemia.
Il panorama internazionale, come già scritto più volte in passato, sta velocemente mutando.
Tuttavia i media continuano ancora, per strade diverse, ad alimentare il terrore.
Un recente articolo ha diffuso la notizia del ritorno dello stato di emergenza a causa della guerra Russia-Ucraina. Ma – da quanto risulta – non si prevede l’assegnazione dei poteri di emergenza all’esecutivo, né la proroga delle restrizioni COVID-19 legate allo stato di emergenza di carattere sanitario. Lo scopo di questo nuovo stato di emergenza riguarda solamente le misure stabilite dal governo italiano per sostenere quello ucraino nel conflitto con la Russia.
Ancora, la guerra Russia-Ucraina è diventata adesso il leitmotiv di tutti i notiziari televisivi e dei vari salotti, sostituendo i discorsi legati al COVID che proseguono ormai ininterrottamente da oltre due anni.
E’ stata diffusa recentemente anche la notizia, assai inverosimile, della morte di 1000 soldati russi avvenuta in un sol giorno. Sono scorse sotto i nostri occhi immagini di bombardamenti devastanti, ma c’è chi segnala – come il giornalista Cesare Sacchetti – come in realtà molti militari ucraini si stiano consegnando senza combattere.
Arrivano anche notizie – e vediamo le immagini – di festeggiamenti dei cittadini del Doneck e del Lugansk che celebrano la loro liberazione dal governo autoritario di Kiev insieme alle truppe di nazionalità russa.
Naturalmente, però, è stata immancabile ed unanime la condanna di Vladimir Putin, e di quello che viene definito il suo “regime”, da parte di media, politici, opinionisti, ecc.
Vladimir Putin, Presidente della Federazione Russa
La Russia di Putin che ha posto al centro i valori del cristianesimo e non quelli della grande finanza internazionale, ben capace di gonfiare continue crisi ad arte, non potrà mai essere di gradimento infatti alla politica dei burocrati europei. Peccato si dimentichino le vere motivazioni che hanno costretto Vladimir Putin all’attacco del territorio ucraino. Aveva detto Donald Trump che con lui “non sarebbe successo”. E di fatto non vi sono state guerre durante la sua presidenza.
Putin, ricordiamolo, ha sentito chiaramente la minaccia mortale per il suo Paese nella richiesta del governo ucraino di entrare a far parte dell’Alleanza Atlantica e quindi del conseguente posizionamento delle basi militari NATO nel territorio, in grado di raggiungere la capitale Mosca in pochi minuti. Né si è voluto accettare il benché minimo dialogo con il presidente Putin. D’altronde che l’Europa e lo stato profondo americano non amino la Russia è cosa ben nota.
La Russia nazionalista e cristiana rappresenta infatti tutto il contrario di quello che è il manifesto di quel Great Reset voluto da Klaus Schwab e dai potenti di Davos.
E pensare che in Italia c’è chi, come Matteo Renzi, è arrivato persino a sostenere nell’aula del Senato che la Russia e la Cina vorrebbero portare avanti insieme il Nuovo Ordine Mondiale.
Ma non era proprio Matteo Renzi, nel 2014, a parlare di Nuovo Ordine Mondiale appoggiandolo totalmente?
Peccato però che, se il Nuovo Ordine Mondiale è imploso su se stesso e sta ormai definitivamente crollando, lo si deve anche a Vladimir Putin e alla sua ferma opposizione al potere globalista.
La Rivoluzione russa nel lontano 1917 spazzò senza pietà lo zar Nicola II e la sua famiglia, prima imprigionata e poi ferocemente massacrata, cercando di sradicare il cristianesimo dalla memoria dei russi. Ma in questo i bolscevichi finanziati dalle potenti banche ebraiche fallirono totalmente il loro obiettivo.
Il sistema bancario internazionalista e l’élite anglo-americana e tedesca svolsero infatti un ruolo fondamentale nell’ascesa del comunismo durante la Rivoluzione russa, determinandone il successo e il suo consolidamento.
Tuttavia i russi non dimenticarono mai, né dimenticano tuttora la loro cultura, la loro tradizione e la loro fede in Cristo.
E prova ne è la fiorente rinascita delle tantissime chiese distrutte dai molti anni di feroce dittatura comunista.
La Madonna a Fatima promise che sarebbe arrivato il giorno in cui un Papa avrebbe consacrato la Russia al Cuore Immacolato di Maria e il mondo avrebbe finalmente avuto un periodo di pace.
Speriamo che anche i cittadini, specialmente la gente comune, ritrovino una fervente devozione al Cuore Immacolato di Maria anche nella vecchia e angosciata Europa, un tempo cristiana.
Ed allora finalmente le parole pronunciate dalla Madonna a Fatima potranno giungere a compimento.
Speriamo davvero che quel giorno non sia troppo lontano. Ma prima, occorrerà necessariamente che il mondo prenda coscienza dei gravissimi “errori” sparsi dal comunismo ateo, come ancora disse la Madonna, che possiamo definire oggi con l’espressione “Nuovo Ordine Mondiale”.
E non è certamente quello di Putin, come vorrebbe tanto far credere Matteo Renzi.